Housing sociale, le buone pratiche cooperative protagoniste del festival internazionale di Barcellona. Gamberini: serve collaborazione pubblico-privato e stanziamento di risorse

L’evento “Recoop UP! – Innovating housing, welfare, and culture with a neo-mutualistic mindset” (“Recoop UP! – Innovare l’abitare, il welfare e la cultura con una mentalità neo-mutualista”) che si è tenuto giovedì 8 giugno a Barcellona nell’ambito della fiera internazionale Social Housing Festival SHF 2023, organizzato da Legacoop Emilia-Romagna, Legacoop Abitanti, Culturmedia, Legacoopsociali, Fondazione Barberini con il contributo di Coopfond, ha visto la partecipazione di un numeroso pubblico interessato alle esperienze della cooperazione italiana.

“Nel nostro Paese”, sottolinea Simone Gamberini, presidente di Legacoop Nazionale, “ci sono quasi 2,5 milioni di famiglie per le quali è impossibile destinare oltre il 30% del loro reddito (il livello attuale del cosiddetto ’indice di accessibilità) a pagare un mutuo o a sostenere il costo di un affitto. È una conferma della necessità di proseguire ed ampliare gli interventi di housing sociale, elemento essenziale di un innovativo approccio mutualistico ai bisogni espressi dalla società. Il patrimonio comune di competenze e capacità maturato dalle cooperative di abitanti, dalle cooperative sociali e da quelle culturali nel progettare soluzioni integrate per rispondere al bisogno abitativo accompagnandolo con servizi alla persona e al territorio, ne fa soggetti imprescindibili per la realizzazione di interventi di reale impatto sociale, che devono però essere sostenuti da un partenariato pubblico-privato e da una dotazione adeguata di risorse”.

Nel corso della conferenza, alla quale ha partecipato anche la vicesindaca di Bologna con delega ai temi abitativi Emily Clancy, sono state illustrate alcune esperienze internazionali, da quelle sviluppate nelle municipalità di Barcellona e Lisbona alla cooperazione svizzera e alle proposte urbanistiche elaborate presso la parigina Sciences Po.

Al centro dell’incontro le buone pratiche cooperative di progettazione, abitazione, welfare e cultura che hanno saputo integrarsi tra loro ripensando gli spazi come luoghi di vita ed è stata richiamata l’attenzione sull’importanza di soluzioni abitative a prezzi accessibili e di servizi culturali e sociali basati su processi partecipativi che coinvolgano attivamente le comunità locali.

“La parola chiave della visione che offriamo come sistema cooperativo italiano è interdipendenza: portiamo a questo festival 30 progetti esemplari dove la cooperazione agisce come filiera interdisciplinare, integrando funzioni abitative, servizi, cultura”, dichiara Rossana Zaccaria, presidente di Legacoop Abitanti. “L’interdipendenza risiede nel definire processi che integrano competenze progettuali tra forme di mutualismo che nel tempo hanno consolidato saperi; ibridare spazi e funzioni che mettono in relazione l’abitare con lo spazio urbano; strutturare strumenti di gestione che abilitano le comunità ad attivare processi di cura del territorio e di scambio solidale; garantire una sostenibilità economica attraverso un mix di target e diverse fonti di redditività, forme di re-risking per gli investitori fondate su un’ingegneria sociale e non sull’ingegneria finanziaria. Nel percorso di ricerca “Transizioni Urbane cooperative” che abbiamo condotto insieme alla cooperazione sociale abbiamo analizzato progetti ibridi in cui emerge con chiarezza il ruolo distintivo della cooperazione come strumento di mutualismo e di impresa: in progetti di Rigenerazione Urbana insieme siamo in grado di svolgere circa 600 attività nell’ambito del property, del facility, del community e dell’energy management, dedicando il 40%  del tempo impiegato come Gestore Sociale al Community Management e circa 150 tipologie di Servizi di Interesse Generale.”

“Abbiamo registrato grande interesse verso una specificità propria della cooperazione italiana che, grazie alla pluralità di attività che la contraddistingue, riesce a realizzare progetti che si occupano dell’abitare a tutto tondo”, racconta Barbara Lepri, direttrice di Legacoop Emilia-Romagna e responsabile regionale di Legacoop Abitanti. “Per noi, infatti, non è sufficiente costruire case in affitto o in vendita con prezzi abbordabili da ceti medio-bassi. Questo sta alla base dei nostri interventi, ma non basta: occorre una visione olistica che metta assieme edilizia di qualità, socialità, relazioni, servizi, cultura, responsabilità ambientale. La cooperazione è in grado di offrire tutto questo”.

“L’approccio olistico della cooperazione al tema dell’abitare che offre alle comunità in modo equo la possibilità di esprimere e soddisfare insieme bisogni diversi e complementari è precursore dei principi di sostenibilità, bellezza e inclusione su cui si ispira il New European Bauhaus”, dichiara Giovanni Barni, presidente di CulTurMedia Legacoop. “Si tratta della nuova policy europea che assegna alla cultura un ruolo fondamentale per la realizzazione del Green Deal europeo e per il futuro delle nostre città e di una cittadinanza europea. La bellezza, -cultura diffusa e partecipata, non più riservata a pochi e soprattutto co-creata dal basso, ne è ingrediente necessario perché cura e trasforma contestualmente le persone e le cose: attività artistiche ed educative partecipate e spazi comuni per la cultura e la creatività sviluppano comunità più consapevoli, più aperte alle diversità e all’innovazione, e conferiscono qualità e decoro ai luoghi e all’ambiente, rigenerandoli anche senza un impatto fisico. E i progetti ibridi delle nostre cooperative, piccoli o grandi che siano, ne sono un esempio concreto, replicabile alle diverse scale territoriali, perfettamente integrabile con il welfare e il nuovo abitare.”

“Il concetto di abitare è un elemento importante dell’idea di welfare che sta alla base dell’agire della cooperazione sociale”, sottolinea Eleonora Vanni, presidente di Legacoopsociali, “e si inquadra nell’ambito di interventi complessi che hanno un alto valore sociale, relazionale ed economico; può promuovere l’integrazione e combattere le disuguaglianze, contribuire allo sviluppo di comunità sostenibili oppure ghettizzare le persone suddividendole in categorie e disumanizzare le città e le periferie. Si tratta di un ecosistema delicato che richiede contemporaneamente indirizzo politico, risorse adeguate e soggetti appropriati a promuovere la partecipazione, a sostenere e gestire i processi che l’accompagnano e a fornire supporti e servizi necessari alla realizzazione e al mantenimento nel tempo dei luoghi di vita. Ecco perché unire forme differenti di cooperative con un’unica idea di mutualismo e con finalità comuni: rendere le persone attori responsabili e partecipi attraverso lo scambio mutualistico per migliorare la qualità della vita delle persone e delle comunità in linea con gli obiettivi di sostenibilità”.